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Cass. 20 febbraio 2020, n. 6567 Sicurezza in tempo di Covid-19

“Il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 D.Lgs. n. 81/2008, all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata”.
Con un’avvertenza:

  • deve trattarsi di rischi ragionevolmente prevedibili, di rischi, quindi, che possano essere individuati “con la diligenza richiedibile al datore di lavoro”A ragione, pertanto, l’Interpello n. 11 del 25 ottobre 2016 poc’anzi richiamato sottolinea che il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti rischi generici aggravati, legati alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.Ciò non toglie che:
  • “la previsione e prevenzione del rischio deve ‘coprire’ qualsiasi fattore di pericolo evidenziato nell’evoluzione della scienza tecnica non solo dall’esperienza che l’imprenditore sviluppi su una certa attività, che egli abbia potuto direttamente osservare”, e che, pertanto,
  • “non basta a giustificare la mancata previsione del pericolo nel documento
    di valutazione dei rischi, né che la sua realizzazione non si sia mai presentata nello svolgimento dell’attività concreta all’interno dell’impresa, né che esso non rientri nell’esperienza indiretta del datore di lavoro”.

La conclusione è che “l’evento ‘raro’, in quanto non ignoto, è sempre prevedibile e come tale deve essere previsto, in quanto rischio specifico e concretamente valutabile