Il Provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate in materia di fatturazione elettronica obbligatoria tra privati, emesso lo scorso 30 aprile 2018, tra i vari temi, affronta quello della conservazione a norma delle fatture emesse e ricevute attraverso il Sistema di Interscambio (SdI). In particolare, l’articolo 7 e i suoi commi identificano un servizio di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per ottemperare agli obblighi previsti dal DMEF del 17 giugno 2014.
Partendo dal presupposto che la fattura elettronica, in qualità di documento informatico all’origine, per legge, deve essere conservato digitalmente al fine di mantenere integrità, autenticità e leggibilità nel tempo (i 10 anni richiesti dal Fisco e dal Codice Civile), occorre esaminare attentamente le regole specifiche a cui il testo del provvedimento fa riferimento.
Il DMEF del 17 giugno 2014 è un decreto emanato dal Ministero Economia e Finanza al fine di fissare le norme per la conservazione dei documenti a valenza fiscale. Il decreto aveva come scopo la puntualizzazione che, anche per la fiscalità, valevano le regole di conservazione del precedente DPCM 3 dicembre 2013 (che dettava le nuove regole tecniche in materia) con l’aggiunta di una serie di specificità in ambito tributario.
Ne consegue che l’articolo 7, comma 1, del provvedimento del 30 aprile 2018, quando afferma che “cedenti/prestatori e i cessionari/committenti residenti, stabiliti o identificati in Italia possono conservare elettronicamente, ai sensi del DMEF del 17 giugno 2014, le fatture elettroniche e le note di variazione trasmesse e ricevute attraverso il SdI” utilizzando il servizio dell’Agenzia delle Entrate, si riferisce ad una conservazione sia fiscale che ai fini civilistici o per qualsiasi altra esigenza di natura giuridica.
Va aggiunto che, in base all’articolo 244 della Direttiva 2006/112/CE “ogni soggetto passivo deve provvedere all’archiviazione di copie delle fatture emesse da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario, oppure in suo nome e per suo conto, da un terzo, nonché delle fatture che ha ricevuto” e che, dalle condizioni di utilizzo del servizio di conservazione dell’Agenzia delle Entrate attualmente in vigore, emerge chiaramente che Sogei ed AdE comunque non si assumono responsabilità in caso di problemi nella conservazione e che quindi la sanzione ricadrà irrimediabilmente sul contribuente.
Da tutto quanto sopra evidenziato risulta evidente che la conservazione delle fatture elettroniche attive e passive resta un onere a carico del contribuente e tale onere risulta non solo obbligatorio per legge, ma anche utile ai fini di eventuali contenziosi tributari. È buona prassi, infatti, che il soggetto passivo d’imposta, nel caso in cui le autorità fiscali vogliano effettuare controlli o ispezioni, o si verifichino contestazioni, abbia comunque la sua copia del documento fattura conservato presso di sé per poter, nel caso, opporsi ad eventuali addebiti.
Si sottolinea inoltre che la conservazione fatta dall’Agenzia delle Entrate non è un obbligo per il contribuente ma una facoltà che, se si decide di attuare, avrà necessità di una formale autorizzazione da parte del contribuente stesso all’Agenzia (attraverso la firma delle condizioni generali di utilizzo di cui sopra, da cui emergono anche clausole di recesso o risoluzione unilaterale da parte dell’Agenzia), la quale, senza tale autorizzazione, non potrà conservare nel tempo le fatture ma si limiterà a memorizzarle per i propri fini di controllo, provvedendo poi alla cancellazione delle stesse.
La conservazione presso un conservatore accreditato resta quindi la via più efficace per una archiviazione sostitutiva completa ed esaustiva per tutte le esigenze di legge derivanti da una corretta tenuta fiscale e civilistica della contabilità aziendale.
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