Nel 2018 aumenta la spesa per il welfare e crescono le fragilità sociali. È questa la fotografia scattata dal II Rapporto sul Bilancio di welfare delle famiglie italiane, presentato oggi alla Camera dei deputati da Mbs Consulting.
Il costo sostenuto dagli italiani per i servizi di welfare lo scorso anno è stato pari a 143,4 miliardi, circa il 7% in più rispetto al 2017. Dati che portano questo comparto a piazzarsi tra le principali industrie del nostro sistema produttivo. Con un contributo alla formazione del Pil pari all’8,3%, il Welfare supera, infatti, l’industria assicurativa (139,5 miliardi di raccolta tra ramo danni e vita), quella del settore alimentare (137 miliardi di fatturato), e vale circa una volta e mezzo quello della moda (95,7 miliardi) e tre volte e mezzo quello del mobile (41,5 miliardi).
Alla base del rapporto vi è un’indagine volta a ricostruire la spesa delle famiglie italiane nelle seguenti otto aree di welfare: salute, assistenza ad anziani e persone bisognose di aiuto, assistenza familiare, assistenza ai bambini ed educazione prescolare, istruzione, cultura e tempo libero, supporti al lavoro, previdenza e protezione. Dall’analisi emerge come l’aumento delle spese del welfare familiare, oggi pari al 20% della spesa complessiva di welfare pubblica e privata, sia strettamente legato a una preoccupante crescita delle “fragilità sociali”. Questo a causa della forte riduzione delle capacità di prestazione che i sistemi pubblici di welfare hanno subìto negli ultimi anni come conseguenza del necessario contenimento della spesa pubblica, con il risultato che molte prestazioni essenziali sono ottenibili solo a pagamento.
Rinuncia alle prestazioni – A causa dei grandi squilibri della struttura del welfare familiare italiano, nel quale il peso economico di servizi essenziali risulta particolarmente gravoso per le famiglie meno abbienti, si verificano, dunque, estesi fenomeni di rinuncia alle prestazioni. Il settore più critico è quello dell’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, con un tasso medio del 48%. La rinuncia a cure sanitarie è, invece, mediamente del 40,8% e sale al 61,5% per la fascia più debole, con un 17% di rinuncia rilevante che colpisce particolarmente le visite mediche e le cure odontoiatriche. Il 36,7% delle famigliecon figli a scuola o all’università rinunciano a spese per l’istruzione. Le famiglie rinunciano anche a spese per la cultura e il tempo libero: in media il 54,4%.
Costo del welfare familiare – Al primo posto vi è la sanità con un valore pari a 37,7 miliardi nel 2018 (+11,9% sul 2017) e una spesa familiare media di 1.476 euro. Le spese per il lavoro (trasporti e pasti) con 31,9 miliardi (+2,2%)costituiscono la seconda area del welfare familiare per volume complessivo con una spesa media annua di 1.914 euro per famiglia. Segue, poi, in forte crescita, l’assistenza agli anziani e alle persone bisognose con 27,9 miliardi e un aumento del 10,3%. Qui la spesa sale a 13.300 euro per famiglia utilizzatrice(8% delle famiglie). L‘istruzione vede invece una spesa di 10,5 miliardi (+9,4%).
La spesa familiare per il welfare assorbe mediamente il 18,6% del reddito netto delle famiglie, in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 2017. A fronte di un reddito annuo medio rilevato di 30.134 euro, le uscite per il welfare sono pari a 5.611 euro per nucleo familiare. Il paradosso è che l’incidenza delle spese di welfare in proporzione al reddito è maggiore nelle famiglie economicamente più deboli 22% che nelle famiglie agiate (oscillante tra il 16 e il 18,6%).
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