Forse non ci hai mai pensato, ma il numero di telefono è un dato personale; come tale non può essere comunicato a terzi o, peggio, divulgato in pubblico senza prima il consenso del relativo titolare. Inserire pertanto una persona in un gruppo WhatsApp, senza averne ottenuto l’autorizzazione preventiva, costituisce violazione della normativa sulla privacy e, soprattutto, integra il reato di illecito trattamento dei dati personali [1]. Assurdo? Tutt’altro; pensa che la stessa Cassazione ha detto che il titolare di un numero di cellulare, così come di una rete fissa, ha tutto il diritto a non divulgare la propria utenza [2] ed è invece noto che, nel momento in cui inserisci una persona in un gruppo WhatsApp, tutti possono conoscere la sua utenza telefonica e contattarla anche in privato.
Nelle nuove condizioni di utilizzo WhatsApp ha precisato che la violazione della normativa sulla privacy e un utilizzo dell’app non conforme alle norme di legge può comportare l’automatica disattivazione dell’account. Insomma, dovresti tornare ai vecchi sms.
Certamente ti sarà capitato di fare qualche foto a un tuo nipotino o a tuo figlio durante una festa coi compagni di scuola o mentre gioca in una ludoteca. Sappi che, se nell’immagine sono inquadrati anche altri bambini – comunque minori di 18 anni – non puoi inoltrare il file a nessuno ma devi custodirlo per te. In caso contrario commetteresti un illecito non da poco: oltre alle garanzie che la nostra legge prevede in favore dei minorenni, c’è anche la convenzione di New York sui diritti del fanciullo che ne tutela l’immagine. I genitori potrebbero richiederti un risarcimento di diverse migliaia di euro. È capitato già numerose volte. Senza contare che, anche in questo caso, WhatsApp potrebbe prendere provvedimenti e sospendere l’account.
In conformità con il nuovo regolamento europeo sulla privacy, la versione più recente delle condizioni d’uso di Whatsapp stabilisce che l’uso della messaggistica è riservato solo agli utenti con almeno 16 anni (negli Stati Uniti e nel resto del mondo, invece, il limite è di 13 anni). Si tratta di una garanzia ulteriore riservata agli utenti che risiedono in europa per via della normativa più garantistica stabilita dalle istituzioni comunitarie.
WhatsApp rinnova periodicamente le proprie condizioni generali di contratto cui l’utente deve attenersi se non vuole vedersi bannato per sempre. Lo deve fare anche se ha installato l’app in un momento antecedente alla pubblicazione delle nuove linee guida. L’ultima versione stabilisce i seguenti divieti:
Una sola di queste violazioni può comportare – oltre ovviamente a un’azione legale da parte della vittima – l’interruzione del servizio. A dirlo sono sempre le condizioni d’uso ove è scritto che: «Possiamo anche modificare, sospendere o risolvere l’accesso o l’utilizzo dei nostri Servizi in qualsiasi momento per condotta sospettosa o illegale, compresi i casi di frode, o se riteniamo ragionevolmente che l’utente violi i nostri Termini o crei danni o rischi legali per noi, i nostri utenti o altri».
Inoltrare lo screenshot di una chat WhatsApp è illegale sicuramente quando, nell’inoltro della chat, sia visibile il numero di telefono del mittente; in questa ipotesi si ha una violazione della legge sulla privacy che vieta il trattamento dei dati personali (il numero di cellulare ne è un esempio) senza il consenso del relativo titolare.
Inoltre, come precisato dal Garante Privacy con un provvedimento del 23 aprile 2015, inoltrare una mail è illegale quando abbia ad oggetto informazioni personali e sensibili come confidenze sul proprio orientamento sessuale, sulla salute, sulla religione, sul pensiero politico e religioso. Quando il mittente specifica che la dichiarazione è riservata, il suo contenuto non può essere divulgato. Inoltrare invece la confessione su un debito o un giudizio personale su altre persone non è un reato. Scatta il reato di diffamazione, invece, quando una persona esprime un giudizio negativo e offensivo su un’altra persona non presente e il suo messaggio viene inoltrato a più persone.
Immagina di essere inserito in un gruppo su WhatsApp dove vi partecipano tutti i tuoi colleghi di lavoro. Un giorno, uno degli iscritti alla chat parla male del datore di lavoro e tu glielo vuoi riferire. Che rischi? Secondo la Cassazione [3], la chat in un gruppo chiuso di Facebook è equiparata alla corrispondenza privata e, pertanto, non può essere divulgata. «La segretezza si deve intendere come espressione della più ampia libertà di comunicare liberamente con chiunque». Essa indica il diritto di escludere dalla comunicazione soggetti diversi dai destinatari selezionati dal mittente. Il mittente può quindi pretendere che nessun estraneo venga a conoscenza delle sue comunicazioni così come i destinatari non possono diffonderle a terzi. Insomma, la chat privata è come una lettera chiusa.
[1] Art. 167 L. n. 196/2003.
[2] Cass. sent. n. 21839/11 del 1.06.2018.
[3] Cass. ord. n. 21965/18 del 10.09.2018.
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