In dall’’introduzione in Italia del D.Lgs. 626/1994 “gli obblighi dell’impresa familiare nell’ambito della normativa antinfortunistica sono stati contornati da un alone di indeterminatezza”
Non solo nel testo del decreto 626/1994 mancava qualsiasi richiamo a questa tipologia di impresa (se non per un inciso contenuto nell’art. 4, comma 11), ma il Ministero del Lavoro era intervenuto più volte sulla questione dei collaboratori familiari, ad esempio con la circolare n. 154/1996, 28/1997 e 30/1998. E, ad esempio, la circolare n. 154/1996 “aveva citato la sentenza della Corte Costituzionale 3 maggio 1993, n. 212, che aveva confermato il principio in base al quale la normativa antinfortunistica e di igiene non può trovare applicazione per l’impresa familiare” (l’impresa familiare è permeata di legami affettivi per cui sarebbe problematico l’incastro di obblighi e doveri sanzionati attraverso ipotesi di reato procedibili d’ufficio).
Oggi la situazione è cambiata. L’introduzione dei cosiddetti
contratti atipici che hanno “destrutturato il rapporto di lavoro subordinato classico inducendo il legislatore a delineare un diverso profilo di lavoratore”. Ai sensi dell’art. 2 del
Decreto legislativo 81/2008, il lavoratore
è una persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione. Mentre per il D.Lgs. 626/1994 il lavoratore era la persona che prestava attività alle dipendenze di un datore di lavoro con rapporto di lavoro subordinato anche speciale.
Inoltre con il D.Lgs. 81/2008 ha trovato espresso riconoscimento la figura del collaboratore familiare: nei confronti dei componenti dell’ impresa familiare di cui all’art. 230-bis del codice civile, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21.
E l’art.21, che non riguarda solo i componenti dell’impresa familiare ma anche i lavoratori autonomi, dispone che tali lavoratori devono: utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III; munirsi di dispositivi di protezione individuale e utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III; munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità. Inoltre, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, questi lavoratori hanno facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro. È bene inoltre ricordare che ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera a), D.Lgs. 81/2008, ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi non sono computati i collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile.
POS in caso di cantieri
Partendo dalla normativa e dagli obblighi indicati nell’
art. 21 del D.Lgs. 81/2008, ne deriva che, in questa ipotesi, il piano operativo di sicurezza che “l’impresa familiare nel suo insieme è tenuta comunque a redigere”, è un POS “ridotto”, non deve “contenere pedissequamente tutti gli elementi indicati al punto 3.2.1, Allegato XV al D.Lgs. n. 81/2008, in quanto il POS deve essere adeguato alla natura specifica del cantiere e all’attività che in esso l’impresa deve eseguire e redatto secondo criteri
di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. Nel documento sono riportati i punti che in questo caso il POS deve contenere e quelli che può emettere.
I datori di lavoro (Art. 96) delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti redigono il piano operativo di sicurezza di cui all’articolo 89, comma 1, lettera h), “ma lo stesso deve essere plasmato e ‘cucito’ sulla base dei reali obblighi che ricadono sui componenti della stessa impresa in virtù della loro classificazione. Se, invece, l’impresa familiare ha dei dipendenti oltre ai collaboratori familiari, il POS non sarà più “ridotto” ma conterrà tutti gli elementi minimi previsti dal punto 3.2.1, Allegato XV al D.Lgs. n. 81/2008”.
E l’impresa familiare, “qualora debba operare come impresa esecutrice in un cantiere temporaneo o mobile, deve rispettare le disposizioni di cui al Titolo IV, D.Lgs. n. 81/2008, e, più precisamente, in aggiunta alla redazione del POS, la stessa è destinataria, ai sensi dell’art.
101, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, del
piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) ed è tenuta a trasmettere il proprio POS, ai sensi dell’art. 101, comma 3, all’impresa affidataria la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione ed è tenuta a ottemperare agli obblighi sulla predisposizione in cantiere delle misure di sicurezza di cui all’art. 96 contenute nelle altre lettere a), b), c), d), e) e f), e ad attuare, in base all’art. 100, comma 3, quanto previsto sia nel PSC che nello stesso POS al pari di ogni altro lavoratore autonomo o impresa esecutrice”.
Il contributo si conclude riportando due ipotesi da cui discendono obblighi diversi:
– impresa familiare con lavoratori dipendenti: l’autore ricorda che “se il titolare dell’impresa familiare ha personale dipendente non iscritto né inquadrabile come collaboratore familiare acquisisce nei suoi confronti tutti gli obblighi di un normale datore di lavoro in quanto non è presente alcuna diversa indicazione né deroga all’interno del D.Lgs. n. 81/2008”. Tuttavia se nell’impresa “sono presenti, in aggiunta, anche collaboratori familiari iscritti alla gestione separata INPS e, quindi, non assunti con contratto di lavoro dipendente agli stessi saranno applicati i precetti dell’art. 21, D.Lgs. n. 81/2008. Se, invece, questi coadiuvanti-familiari hanno sottoscritto un contratto di lavoro subordinato col titolare dell’impresa familiare devono essere inquadrati a tutti gli effetti tra i dipendenti, e a questi devono essere applicati, al pari degli altri lavoratori, tutte le tutele e i rispettivi obblighi, come confermato dallo stesso Ministero del Lavoro con circolare n. 30/1998, la quale ha stabilito che il vincolo di subordinazione tra familiari esiste sicuramente nell’ipotesi di formale assunzione con contratto del familiare”;
–
impresa artigiana con collaboratori familiari: in questo caso si vuole stabilire quali siano gli obblighi propri di un’impresa individuale o altra forma d’impresa artigiana con collaboratori familiari. Secondo l’autore “occorre verificare se anche questi devono essere classificati come lavoratori ex art. 21, D.Lgs. n. 81/2008, o equiparati ai dipendenti”. A questo proposito si segnala che “i collaboratori di un’impresa non familiare costituitasi fuori dell’alveo dell’art. 230-bis, c.c., e art. 5, comma 4, TUIR (quindi, senza atto scritto dinanzi al notaio), non possono godere dell’applicazione della disciplina dell’art. 21, D.Lgs. n. 81/2008, ma devono sottostare alle stesse regole previste per tutti gli altri lavoratori e questo è possibile riscontrarlo nell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, che non ha escluso dal computo dei lavoratori unicamente i
componenti di impresa familiare ex art. 230-bis, cod. civ., non già i collaboratori familiari appartenenti ad altre forme di impresa. In definitiva, l’aver specificato che deve trattarsi di impresa familiare ex art. 230-bis, c.c., ha escluso che si possa parlare di
impresa familiare al di fuori del regime previsto da quest’ultimo articolo e dagli altri connessi allo stesso”.